Meditare attraverso la voce significa permettere alla nostra musica interiore di uscire e di trovare una casa. I suoni emessi sono stanze desolate, saloni luminosi, corridoi, in cui vagare senza aspettative. Lì siamo inquilini senza maschere e filtri. Circondati dalle nostre armonie e dalle nostre dissonanze. Da melodie e rumori molesti.
Ci si affida, ci si lascia portare con fiducia, là dove i suoni vogliono condurci. Senza giudizio, senza ricerca, senza intenti. Il corpo diventa strumento; le corde vocali il ponte tra dentro e fuori.
La voce è una mappa, un canale senza menzogna. Devi seguirla come se fossi cieco. Lei ti guida. Lei lascia uscire ed esprimere. Non quello che vuoi vedere. Quello che c'è. Non nasconde, non dimentica, ma racconta chi siamo. E' lo specchio sonoro del nostro vero volto. Quello presente e quello antico, con cui siamo nati. Il qui ed ora e l'origine si incontrano e volano fuori dalla nostra bocca. Diventano uno. L'Uno.
La voce denuda e nudi si ha freddo, ci si sente liberi, si ha paura, si è felici. Si è tutte queste cose. Ci si riconosce parte dell'universo e di quel ritmo, in cui gli opposti convivono.
Il confine tra dentro e fuori cade.
Il suono è la patria del silenzio. Il silenzio è la culla del suono.
[SILENE ARNALDI]
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